NOTA GENERALE SULL’ALCHIMIA E LE SUE METAFORE

La prima volta che ho sentito parlare di alchimia è stata durante una lezione di storia dell’arte al liceo in cui mi veniva spiegato che in tempi passati era facile incontrare significati nascosti e chiavi interpretative celate dietro a simboli presenti nelle opere d’arte. Di tutta questa gigantesca macchina simbolica a noi è giunto ben poco ed è per questo che a volte ci troviamo davanti a dei quadri a prima vista inspiegabili e misteriosi che sicuramente non vogliono fermarsi all’immagine che propongono, ma celano un discorso più articolato e profondo. Tra i vari contesti simbolici che si possono incontrare c’è quello dell’alchimia.

Lungi dall’essere una pratica magica e occulta come ora la si vuole considerare, l’alchimia nasce come una vera e propria filosofia che ha in sé elementi e concetti provenienti dal lontano Oriente (area dove attualmente si pensa abbia avuto origine), dal mondo arabo e dalle correnti filosofiche neoplatoniche.

Platone teorizza che esisterebbero due livelli di realtà: uno inferiore, materiale in cui noi viviamo e uno superiore, il mondo iperuranico delle idee essenziali e trascendenti. La nostra realtà, secondo Platone, non sarebbe altro che un riflesso e una copia di queste idee perfette presenti nella realtà superiore. Plotino e la sua scuola di neoplatonici sviluppano questo concetto ponendo l’accento sulla concezione di un mondo materiale copia inesatta di un mondo superiore. I neoplatonici cristiani raccolgono queste teorie concependo l’iperuranio come il regno di Dio, perfetto e privo del peccato che invece regna nel mondo inferiore e corrotto dell’uomo.

L’alchimia si propone come vero e proprio modus vivendi che accelera il processo di redenzione a cui ogni anima tende per potersi ricongiungere al mondo perfetto delle Idee. Non è quindi da intendersi come una serie di operazioni puramente materiali per trasformare il piombo in oro, ma si tratta invece di un percorso personale per giungere all’elevazione dell’anima celato sapientemente da un complesso e intricato simbolismo.

A complicare le cose c’è il fatto che ogni alchimista che ha scritto un proprio trattato aggiunge e modifica simboli e metafore già usate e ha un proprio modo di descrivere la sua esperienza. Gli studiosi dei trattati alchemici si imbattono spesso in contraddizioni non solo da libro a libro ma anche all’interno di un unico testo, ma al di là di tutto rimane un filo conduttore che ha permesso negli ultimi anni un crescente interesse per lo studio delle simbologie alchemiche.

Cercherò ora di delineare i caratteri generali delle sperimentazioni alchemiche di cui non si dovrà mai dimenticare la natura puramente simbolica.

L’alchimista voleva ottenere l’oro attraverso la progressiva depurazione e trasformazione del piombo o materia bruta. Il piombo era considerato al gradino più basso della scala metallifera per le sue caratteristiche fisiche; esso aveva in sé tutte le proprietà dell’oro ma contaminate da altri fattori. Nei trattati alchemici sono elencate svariate operazioni, di solito in numero di sette, nove o dodici, che l’adepto doveva compiere per arrivare alla sua meta. Queste operazioni erano solitamente raggruppate in quattro fasi (in alcuni tratti se ne trovano unicamente tre, ma il significato non cambia). Le quattro fasi alchemiche prendono il nome dal colore che assume la materia che le attraversa: Nigredo, nero; Albedo, bianco, Citrinitas, giallo e Rubedo, rosso. A queste quattro fasi sono collegati molti simboli impiegati dagli alchimisti per nascondere ulteriormente il discorso in modo che fosse comprensibile solo ad una ristretta cerchia di individui che non cercavano di arricchirsi materialmente ma che volevano conoscere la Verità. I simboli solitamente accumunati alla Nigredo sono la morte, la vecchiaia, la notte, la terra, l’inverno e tutti quegli strumenti che possono servire a sminuzzare e tagliare. L’Albedo, che segnava l’inizio della rinascita dopo la morte necessaria, era accomunata ad immagini tali la primavera, la fanciullezza, l’alba; alla Citrinitas invece fanno riferimento l’estate, la gioventù ed infine alla Rubedo sono da associare la luce calda dell’autunno, l’uomo maturo e il fuoco. Gli artisti delle epoche passate hanno spesso impiegato queste immagini nelle loro opere creando tele, sculture, tavole ai nostri occhi misteriose e difficili da interpretare. Gli artisti stessi a volte erano alchimisti, forti del loro ruolo di “trasformatori” di materiali vari in opere d’arte.

Secondo l’alchimia l’intero mondo materiale era costituito da tre componenti presenti ovunque in misure variabili, questi tre principi sono lo Zolfo, il Sale e il Mercurio interpretabili come Spirito, Corpo e Anima. La Pietra Filosofale, ricercata dagli alchimisti in quanto mezzo indispensabile per arrivare all’oro, contiene questi tre principi perfettamente bilanciati, come si può notare dalla sua rappresentazione simbolica che presenta al suo interno i simboli dello Zolfo, del Sale e del Mercurio (vedere l’immagine alla fine di questo testo).

Lo Zolfo è il principio vitale attivo, igneo e maschile, il Mercurio gli è contrapposto con il suo carattere volatile passivo, femminile; essi non potrebbero mai unirsi se non attraverso il Sale che è invece neutro e mediatore. Spirito e anima si ritrovano unite nel corpo.

Come ho accennato all’inizio, parlando dei neoplatonici cristiani, è possibile vedere nell’alchimia una metafora della Storia delle Salvezza e in particolare della redenzione dell’umanità da parte di Cristo Salvatore. Questa chiave di lettura ha avuto molto successo nel medioevo, epoca intrisa di spiritualità, in cui molti alchimisti erano anche monaci e uomini di Chiesa. Nei tre principi fondamentali si possono vedere infatti anche le Tre Persone, Padre, Figlio e Spirito Santo. Con questa chiave di lettura, la Pietra Filosofale non sarebbe altri che Cristo che redime il mondo peccatore e lo conduce verso l’elevazione al Regno di Dio. Inoltre il concetto di mortificazione necessaria della materia per essere in seguito purificata può trovare corrispondenza nella morte necessaria per poter giungere nel regno del Signore.

La metafora alchemica è sicuramente più complessa di quanto questo testo possa dimostrarlo. Ho voluto qui tracciare solo le linee base per poter interpretare la maggior parte delle mie opere. Per chi fosse interessato ad approfondire il discorso sull’alchimia, consiglio la lettura di questi libri, che sono gli stessi da cui io ho tratto le informazioni che vi ho appena fornito:

T. Burckhardt, Alchimia, significato e visione del mondo, Archè – Edizioni PiZeta, Milano, 2005.

M. Calvesi, Arte e alchimia, Giunti, Firenze-Milano, 1986.

H. Biedermann, Enciclopedia dei Simboli, Garzanti, Milano, 2004.

M. Fumagalli, Dizionario di alchimia e di chimica farmaceutica antiquaria, Dalla ricerca dell’Oro Filosofale all’arte Spagirica di Paracelso, Edizioni Mediterranee, Roma, 2000

C. G. Jung, Psicologia e alchimia, Universale Bollate Boringhieri, Torino, 2006.

L. Troisi, Dizionario dell’alchimia, Bastogi Editrice Italiana, Foggia, 1997

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