Le due ARTI

Una carissima amica “del mare”, qualche giorno fa, mi ha scritto: “per me l’opera deve raccontare, far sognare, immaginare, rapirmi … e una scarpa resta sempre una scarpa” come commento alla pubblicazione del precedente articolo, e mi ha dato il la per scrivere un nuovo pezzo, questa volta molto personale, su che cosa intendo io come arte. Credo che ognuno di noi si crei una propria idea di “arte”, frutto della propria cultura o del rifiuto di essa, delle proprie emozioni o delle proprie idee politiche o non, del proprio vissuto e della propria criticità. È per questo che la seguente riflessione non può che essere personale e intima, chiunque potrebbe essere d’accordo con me totalmente, parzialmente o in completo disaccordo. Cominciamo.

Esiste un’idea universale di “arte”? Letta la premessa che ho appena scritto verrebbe da rispondere negativamente… eppure…

Perché di fronte all’arte contemporanea non siamo tutti d’accordo, ma quando entriamo nella Cappella Sistina siamo tutti concordi che quella è arte? L’arte sta nella bravura, nella tecnica oppure nella capacità dell’artista nel saper comunicare sentimenti o idee? Arte è sentimento o concetto? Probabilmente queste sono domande che l’uomo si pone da secoli; forse una volta suonavano più come “qual è la differenza tra artigianato e arte, tra semplice decorazione e capolavoro” ma alla fine “il succo” della questione è sempre lo stesso. Certo, nell’ultimo secolo i nostri neuroni (e spesso i nostri stomaci) sono stati messi ancora più alla prova dalla “strana” piega che ha preso l’arte da Duchamp in poi (vedi articolo precedente). Forse c’è arte e Arte… ognuno di noi ha il proprio concetto di “arte”, la propria personale “arte”, e poi c’è l’Arte, quella riconosciuta da tutti, che ultimamente sembra essere relegata al passato, ai grandi capolavori universalmente riconosciuti e in generale ad un’idea “classica”. Perché per qualcuno una scarpa in una teca (per riprendere l’esempio della mia amica) è arte, e per qualcun altro non lo è, ma siamo tutti d’accordo che la Dama con l’Ermellino di Leonardo è Arte così come la Notte Stellata di Van Gogh? L’esempio della scarpa è, per usare un termine davvero perfetto, CALZANTE. Cara amica mia, che mi leggi di sicuro, per quanto mi riguarda sono d’accordo con te, una scarpa in una teca, vecchia, magari anche un po’ puzzolente, non è certamente Arte; ma mi è capitato di vedere qualcosa di molto simile che, secondo me, lo è. Ma andiamo con ordine, e racimoliamo le idee, l’argomento è spinoso di per sé e se in più lo espongo col mio solito disordine caotico ne usciamo con le idee ancora più confuse.

A questo punto mi viene da dire che esistono “arte” e “Arte” come già mi sono trovata a distinguere nelle ultime righe. Per ricapitolare, direi che si possono distinguere in questo modo: “arte” è il concetto strettamente personale che ogni singola persona ha dell’idea di arte, e invece “Arte” è qualcosa che ancora devo definire meglio ma che ha a vedere con il concetto di “universalità”. Lasciamo stare quindi per un momento l’“arte” e cerchiamo di identificare meglio l’“Arte”. 

Torniamo alla nostra vecchia scarpa malconcia relegata nella teca. Ormai molti anni fa, quando ancora studiavo pittura all’Accademia di Brera, partecipai al progetto di una mostra sulla figura del “Pater” inteso sia come Dio Padre sia come padre terreno. L’esperienza fu per me molto intensa, anche se purtroppo il progetto non ebbe gran seguito, perché mio padre era da poco mancato. Ricordo che mi colpì un’opera in particolare, realizzata da una mia compagna dell’Accademia di cui non ricordo il nome. Si trattava di un paio di scarpe, vecchie e malridotte, in una teca. Su di esse era stata dipinta un’icona ortodossa e ricordo che al primo momento il tutto mi è parso quasi blasfemo. Mi fu spiegata l’opera e di colpo, nella mia mente ma anche nel mio cuore, si avvicinò di più a qualcosa di Artistico. La ragazza aveva preso le vecchie scarpe di suo padre, quelle con cui aveva camminato per una vita, con cui aveva faticato lavorando, quelle di cui ricordava il rumore quando da piccola lui tornava a casa, quelle che per lei lo identificavano immediatamente come papà e aveva unito ad esse sia il senso religioso di quest’ultimo, sia il concetto teologico di Padre. Quasi mi commossi. Anche io conservo maglioni e cravatte di mio padre, e benché non riuscirei mai a separarmene né tantomeno a trasformarli in opere d’arte visibili a chiunque (di questi oggetti sono anche molto gelosa, sono miei e solo miei), capii benissimo il sentimento e le emozioni legate all’opera della mia compagna. A questo punto potrei sollevare la terribile questione del perché gli artisti contemporanei non spiegano le proprie opere in modo che il pubblico possa più facilmente comprenderle sia con la testa che col cuore, ma come si suol dire: “questa è un’altra storia” che potrei affrontare in un nuovo articolo. Torniamo sulla strada “maestra”.

Un paio di vecchie scarpe in una teca sono diventate per me arte, e hanno pure superato l’apparente blasfemia, quando ad esse è stato aggiunto il valore sentimentale ed emozionale, ma soprattutto quando sono state in grado di comunicarmi qualcosa che va al di là dell’oggetto stesso: l’idea universale di paternità, un concetto universale intrinsecamente legato all’affettività e a qualcosa che “fa vibrare l’anima”. 

Mi sembra di poter dire che “Arte” è allora quell’opera che riesce ad entrare nell’animo delle persone di qualsiasi cultura ed epoca parlando alla sfera emozionale, sentimentale e forse spirituale delle persone. Il termine “spirituale” è molto rischioso e solitamente gli artisti tendono ad evitarlo onde evitare polemiche soprattutto di tipo teologico o, peggio ancora, religioso. Io però voglio provare ad usarlo, perché una cosa è la religione, una cosa è la fede personale, e una cosa diversa ancora è la spiritualità, che, malgrado tutto, anche un ateo credo possa ammettere di avere. Senza cadere nelle neuroscienze, campo non mio ma molto interessante, se ricordo bene (e quindi si tratta di un’informazione da verificare) da studi recenti è stato provato che nel nostro cervello ci sono aree adibite alla sfera spirituale, che è quindi radicata in noi in maniera del tutto naturale. Di conseguenza anche una persona che non ha convinzioni religiose, che non crede in un’entità superiore, che sente di essere atea, ha in sé una natura, oltre che fisica, spirituale. Possiamo chiamarla anima, possiamo chiamarla coscienza, possiamo chiamarla intelletto, mente, emotività o in mille altri modi, ma quella è e c’è in ognuno di noi, è universale. “Arte” è allora quell’opera che sa accendere questa parte di noi. “Arte” è un ritratto di Tiziano perché riconosciamo nel soggetto ritratto una persona che negli occhi ha questa spiritualità, “Arte” è la Notte Stellata di Van Gogh perché quelle stelle così luminose e grandi trovano eco nella nostra interiorità. “Arte” sa parlare con la spiritualità universale che ci accomuna tutti, che proveniamo da una tribù sperduta dell’Amazzonia o dalla steppa sconfinata o ancora da una metropoli inquinata. “Arte” non ha tempo, quelle mani sulle pareti delle grotte preistoriche ci parlano di quelli che siamo sempre stati, al di là delle epoche. “Arte” è “Arte universale” sennò è semplicemente “arte” che magari ci piace o ci parla di concetti e idee politiche, ma se dietro questi concetti o idee non c’è dietro la spiritualità universale, è semplicemente “arte” condivisibile o meno con gli altri, senza che questo sia un concetto negativo, ma piuttosto una differenziazione tra cose diverse.

Un’ultima riflessione sull’Arte, prima di lasciarvi alle vostre proprie riflessioni e, perché no, critiche (ricordatevi di commentare commentare e commentare). 

Wikipedia, benché non sia la fonte più attendibile del sapere, è sicuramente la cartina tornasole per quanto riguarda la cultura odierna essendo il sito probabilmente più consultato per la ricerca di informazioni e anche un’enciclopedia che può essere scritta da chiunque. Cercando il termine “arte” su Wikipedia, l’immagine che correla la definizione è, guarda un po’, la Gioconda; e con molta probabilità quest’ultima è la prima immagine che viene in mente alla stragrande maggioranza delle persone quando gli si chiede di pensare ad un’opera d’arte. Perché? 

Ho assistito, durante la primavera del 2019, ad una meravigliosa conferenza tenuta dal prof. Alberto Cottino in Santa Maria delle Grazie a Milano; il professore si poneva esattamente questa domanda. Concordo con lui al cento per cento per quanto riguarda la risposta a questo quesito. Leonardo è riuscito ad andare oltre al soggetto rappresentato in una maniera… unica, tanto da far supporre che non si tratti neanche più di un ritratto di una bellissima donna realmente esistita. Non si parla più di somiglianza con la realtà, tangibile, sensoriale, ma di un volto universale, che vuole rappresentare l’umanità in senso lato e la spiritualità vivente in ogni persona, maschio o femmina che sia (si vedano gli artisti recenti che hanno sottolineato come la Gioconda possa avere caratteristiche fisiognomiche sia maschili che femminili), appartenente a qualsiasi cultura o epoca o luogo. Questo fa della Gioconda innanzitutto Arte, ma anche icona perfetta per illustrare la sua definizione.

Vostra sempre, amici cari, Giulia

la Gioconda di Leonardo, da Wikipedia

0 Comments

  1. Arte in Scienza Giugno 22, 2020 at 8:37 pm

    Onorata a commentare per primo questo articolo che so venire da un cuore d’artista pieno d’amoree rispetto per l’arte.
    Come ben dici…l’arte ha avuto tante nomee, cose’ è , cosa non è, perchè e quando. Ma come amante dell’arte e di professione credo sempre che sia un privilegio chiedere direttamente all’artista. Non potendo con quelli del passato , rivolgiamoci ai protagonisti della storia presente!
    Grazie Giulia

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