Ero piccola quando per la prima volta devo aver scoperto il disegno. Il primo incontro non lo ricordo neanche; deve essere avvenuto quando ho capito che un pennarello poteva lasciare dei segni sulle superfici, so però che da quel momento non ho mai smesso. Ricordo che il disegno era per me un modo diverso di giocare e di immedesimarmi nelle storie che tracciavo sul foglio bianco. Principesse con abiti meravigliosi, prodi cavalieri, castelli infestati dai fantasmi, foreste piene di animali simpatici e pelosi, e poi più tardi i cieli infuocati dei tramonti sulle colline toscane; tutto quello che faceva sognare il mio cuore cercavo di ricrearlo con le mie mani. Non sempre riuscivo a far corrispondere i disegni con le fantasie che avevo in testa, a volte mi arrabbiavo anche tanto quando non ci riuscivo, ma all’età di dieci anni circa decisi che avrei disegnato per il resto della mia vita. Sono rimasta fedele a quel proposito di bimba sognante e mai lo tradirò; come potrei rinunciare all’aria che mi fa respirare?
Oggi ho avuto l’occasione di ritornare indietro nel tempo a quel periodo. Una bella bimba di dieci anni mi ha chiesto qualche consiglio per disegnare “meglio”. Il suo cruccio erano gli occhi che non riusciva mai a fare uguali tra loro. Anche io ho avuto quel problema, e chissà quanti fogli ho buttato via accartocciandoli per la rabbia! Ad un tratto ho realizzato quanta strada ho fatto e quanta ne ho dovuta fare per essere l’artista che sono adesso.
Le linee guida che tracciavo per costruire i volti che ora non traccio più perchè l’occhio e la mano si sono abituati a vederle anche senza che ci siano, le sfumature fatte con le dita e la scoperta che erano più belle se fatte con leggeri tratteggi della matita sovrapposti a creare ombre e luci, l’uso della gomma tamponato per non rovinare il foglio… Insomma… Quanti trucchetti ho imparato e quante tecniche ho fatto mie in questi lunghi anni? E quante cose ancora mi restano da scoprire in questo meraviglioso mondo d’arte?
Il mio sogno è donare al mondo qualcosa tramite queste mie esperienze. Non miro alla fama. Mi basta che qualcuno vedendo le mie opere si emozioni. Vorrei poter lasciare sentimenti, emozioni e riflessioni a chi verrà. Non mi importa che si sappia il mio nome o che questo succeda domani o tra cent’anni. Sogno di parlarvi attraverso la mia arte. É la mia meta.