Ci sono tanti mondi racchiusi in questo mondo, alcuni si toccano, altri no.
Il mondo di Hirayama sembra perfetto, semplice ascetismo giapponese, serena felicità per le piccole cose, il tutto condito da ottime letture e musica rock d’antan.
Una vita da invidiare, ma non per tutti, visto che il lavoro che sostiene tutto questo è quello della pulizia dei bagni pubblici. Nella cultura giapponese, chi veste di blu appartiene agli strati sociali più bassi, questo perché una volta il blu era il pigmento più diffuso e facile da reperire. La tuta da lavoro di Hirayama è blu, eppure fin dai primi fotogrammi veniamo rapiti dalla sua figura nobile, dai suoi gesti che sembrano quasi da samurai quando si veste. Questa contrapposizione ammalia lo spettatore e, incuriosendolo, lo invita a entrare nella storia, appassionandolo.
Gli spunti di riflessione sono infiniti, dalla bellezza della natura in grado di far sorridere, alla molteplicità di vite che dipendono da ognuno di noi senza che ce ne accorgiamo, passando dalla fierezza che può e deve convivere con l’umiltà, arrivando anche alla lotta tra passato e futuro. Devo dire che questo articolo non è facile da scrivere proprio per questo: troppi temi affrontabili. Si può dire quindi che la vita di Hirayama è tutt’altro che minimalista, ma ricca, soprattutto di relazioni vere, che non devono per forza essere piene di parole e di esperienze per essere profonde e per riempire l’animo. Delicatezza e la famosa Gentilezza di cui ho già parlato in articoli precedenti. Tante storie contenute in una narrazione che non ha inizio né fine e la grandezza dell’interprete principale: Kōji Yakusho, semplicemente strepitoso! Ad oggi sembra essere l’unico attore che, come il grande James Stewart, riesce a mantenere l’attenzione dello spettatore su un primo piano lunghissimo in cui il volto viene solcato da infinite emozioni, tutte comprensibilissime all’animo umano. Una telecamera, un volto, un grande attore. Basta questo.
Giulia Calvanese per Radio Bla Bla Network News